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sesto cantare 229

107.
Vuoi forse darci qualche eccezïone?
Stiamo in decretis; di’ peto vestito;
Va ben, risponde il sere, ch’ei propone
Cosa, che non deprava ordine o rito.
Sonate un doppio, disse allor Mammone,
Ch’ei la passò; facciam dunque il partito
Perch’ella segua di comun consenso,
E ognun favorirà, siccome io penso.
108.
Vanno le fave1 attorno ed i lupini,
E sentesi stuonato e fuor di chiave,
Alle panche, gridar, tavolaccini2;
Raccogliete pel numero3, e le fave
Pigliate in man; chè questi cittadini,
Che in simil luogo star dovrian sul grave,
Rendono4, il capo avendo pien di baie,
Male i partiti e mangian le civaie.
109.
Vanno i donzelli, ognun dalla sua banda;
Ma perchè ne ricevon mille scherzi,
Che più nessuno ardisca il re comanda,
Se non vuol che a pien popolo si sferzi.
Di nuovo attorno i bossoli si manda,
Da vincersi5 il partito pe’ due terzi;
E cercate alla fin tutte le panche,
Fu vinto, non ostante cento bianche.


  1. St. 108. Le fave ecc. servivano per rendere il voto. (Nota transclusa da pagina 285)
  2. Tavolaccini. Donzelli del magistrato; da Tavolaccio, sorta di targa di legno che portavano per difesa. (Nota transclusa da pagina 285)
  3. Pel numero. Prendete le fave in mano e non nel bossolo, affinchè alcuno non ne metta più d’una, e così alteri il numero dei votanti. (Nota transclusa da pagina 285)
  4. Rendere i partiti. Dare i voti. (Nota transclusa da pagina 285)
  5. St. 109. Da vincersi ecc. Affinchè la proposta sia approvata, dice esser necessario che i due terzi dei voti raccolti sian neri. (Nota transclusa da pagina 285)