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L’ ipotesi che attribuisce i bizzarri geroglifici ad Annibale raccolta da Elisée Reclus, come quella che li vuol tracciati per opera dei Cartaginesi guidati dai duci che militavano col celebre condottiero, caldeggiata da Fodere, son prive di ogni sussidio storico, etnografico ed archeologico. Superfluo il dimostrare, pur ammettendo il transito pel varco di Tenda di un’oste cartaginese, quanto è inverosimile supporre che si sia indugiata a scolpir migliaia di figure sulle rupi, in regione lontana da ogni via praticabile e nella quale regna quasi perennemente il rigor dell’ inverno.
Con maggior verosimiglianza fu sostenuta dal compianto professore Emanuele Celesia la tesi che gli artisti di Val d’Inferno e di Val Fontanalba fossero Fenici approdati in tempi antichi, per ragioni di commercio, ai lidi della Liguria, ed ascesi poi fino alle alte pèndici di quelle Alpi, per fare incetta dei preziosi metalli forniti loro dalla miniera di Vallauria, coltivata da epoca remotissima 1.
Bicknell osserva opportunamente che, se i Fenici seppero estrarre dai loro giacimenti rame e stagno, non risulta che coltivassero miniere di piombo.
Egli tuttavia non è alieno dal riconoscere, con Celesia, l' influenza fenicia in taluno dei segni che più spesso si ripetono sulle pietre scolpite di quelle valli. Io soggiungo, in proposito, che uno dei riscontri più notevoli sui quali Celesia fondava la sua tesi, il ritrovamento cioè della croce ansata dei Fenici, non si concilia colla interpretazione razionale di numerose figure cornute della Valle di Fontanalba, figure spesso ridotte a segni schematici, nei quali l’asta verticale è convertita in croce da una sbarra che la taglia trasversalmente.
- ↑ La tradizione attribuisce gli scavi della miniera ai Saraceni, che la fantasia popolare avrebbe per anacronismo sostituito ai Fenici.