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Anche rispetto a questa classificazione, esprimo il fermo convincimento che non rappresenti rispetto alle epoche una successione di tempi, ma una serie di facies, fra le quali due, in qualche caso anche tre, prossime l'una all’altra, nel medesimo periodo, furono simultanee in regioni più o meno lontane.

Engerrand, autore di un corso di preistoria1 posteriore all’opera di de Mortillet, considera il solutréen come una facies e manifesta il dubbio che il tardenoisien, come pure il campinien dei paletnologi belgi, rappresentino da canto loro due facies del neolitico. Egli preferisce poi sostituire agli aggettivi magdalénienne e solutréenne, i vocaboli tarandienne e éburnéenne, proposti da Piette, che alludono ai materiali (corna di renne e avorio) adibiti alla fabbricazione di manufatti caratteristici pertinenti alle epoche o facies dì cui si tratta. Le due espressioni sono certo assai suggestive, ma non mi par necessario contravvenire alla legge di priorità e abbandonare due termini consacrati da lunga consuetudine, per introdurre nella nomenclatura un concetto diverso da quello che informa le altre denominazioni, concetto già adottato in geologia.

Per Piette i tempi della Madeleine e di Laugerie-Haute si distinguono nelle epoche gourdanienne e papalienne. Durante la prima si produssero tre fasi, secondochè furono prevalenti l’incisione e l'uso di numerosi raffii od arponi (nella prima), l’incisione con pochi raffii o senza (nella seconda), l’incisione a contorni profondamente impressi (nella terza). L’epoca papaliana è poi caratterizzata da sculture a basso rilievo o a rilievo poco risentito.

Per conto mio, debbo deplorare impiego della espressione periodo eolitico, adoperata dai paletnologi francesi e

  1. Engerrand G., Six Legons de Préhistoire. Bruxelles, Imp. Veuve, F. Larcier, 1905.