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Da siffatte obbiezioni al sistema di de Mortillet risulta palesemente che il criterio dei manufatti è da solo impotente a risolvere i più essenziali quesiti della cronologia preistorica; esso non può andar disgiunto dal criterio paleontologico. Persuaso di questa verità, Édouard Lartet: stabilì una classificazione della così detta epoca archeolitica, tutta fondata sui resti dei mammiferi fossili che trovansi associati ad oggetti d’antica industria umana, nei depositi delle caverne. Egli suddivise tale epoca in tre periodi, ciascuno dei quali è distinto dalla prevalenza d'una specie di mammiferi. L’Ursus spelœus sarebbe la specie caratteristica dei più antico, il mammut l'Elephas primigenius) del successivo, il renne (Rangifer tarandus) del terzo. Ma siccome il mammut si trova quasi sempre associato all’orso delle caverne e ad altri quadrupedi della medesima età, Dupont preferisce riunire i due primi periodi in uno solo. Senonchè, ammettendo pure l’emendamento proposto dal direttore del Museo di Bruxelles, non si eliminano dubbi , ambiguità e cause d’errore. Il renne, infatti, comunque caratteristico del secondo periodo, non manca nei depositi del primo; quindi la distinzione è fondata più che altro sulla copia relativa degli avanzi di questo ruminante, criterio, come ognun vede, assai lieve. Di più, tale specie, cui si attribuisce sì alto valore nella cronologia dei depositi delle grotte non attraversò le Alpi, manca all’Italia, tranne la Liguria occidentale, come manca probabilmente alla Grecia, alla Turchia e alla Spagna meridionale.

Il criterio paleontologico al pari dell' archeologico non può dirsi assoluto, e deve necessariamente variare secondo la natura dei depositi e secondo le regioni. Per trarne tutto il frutto di cui è suscettibile non bisogna tener conto di due o tre specie soltanto per ogni stazione, ma di intere faune, interpretando il significato loro cronologico in relazione colla climatologia e colle condizioni morfologiche locali.