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armi di pietra. In Francia ne furono menzionate da A. de Jussieu nel 1723; e Mahudel diede la descrizione e la figura di parecchi esemplari fin dal 1740.

Nel 1783 il Giovene notò come il suolo delle caverne del Pulo presso Molfetta ricettasse oggetti d’antica industria umana, cioè stoviglie della più rozza fattura, armi ed utensili di pietra proprio identici ad altri che sono opera di isolani di Otaitì.

Vuol essere ricordato il nome di Salvagnoli Marchetti, il quale, fin dal 1843, presentò al Congresso degli Scienziati italiani, in Lucca, una serie di manufatti litici, da lui trovati nella Grotta dei Santi, come pure quello di Giuseppe Scarabelli, il quale, nel 1850, pubblicò la prima diligente illustrazione di una raccolta d’armi di pietra italiane. D’allora in poi, e specialmente dopo le memorabili discussioni provocate dalle scoperte di Boucher de Perthes in Francia, le osservazioni si fecero grado grado più frequenti, si estesero ad ogni provincia e si moltiplicarono in guisa che oggi la loro enumerazione oltrepasserebbe i confini che mi sono prefissi in questa rassegna.

Nei primi tempi di Roma, l’uso degli utensili di pietra si manteneva in alcuni riti religiosi. Così, ci narra la storia, come, nel sacrifizio che precedette la pugna dei Curiazi contro gli Orazi, la vittima fosse scannata per mezzo d’un arnese di selce e, secondo Catullo, certe mutilazioni imposte dal paganesimo a taluni dei suoi sacerdoti dovevano essere praticate per mezzo di taglienti litici.

Similmente, la circoncisione fu praticata per lungo tempo dagli antichi Ebrei, quantunque conoscessero i metalli, per mezzo di trincetti silicei, reputati più atti al compimento di un rito religioso, perchè l’uso loro risaliva a tempi remotissimi. Forse per analoga ragione gli Egiziani facevano uso di utensili litici nello sparare i cadaveri destinati alla imbalsamazione.