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terra cotta simili alle pintaderas dei Messicani o dei Guanci della Gran Canaria.

E qui sarebbero a citarsi gli strani geroglifici incisi da gente preistorica, forse dallo stesso popolo delle Arene Candide, sulle rupi della gelida valle d’Inferno, tra le Alpi Marittime, a 2000 metri d’altitudine, geroglifici che ricordano, per certi segni comuni, le iscrizioni rupestri del Marocco e delle Canarie, testé descritte dall’amico mio Enrico d’Albertis.

Che argomentare da si strane coincidenze, da rapporti si inaspettati?

Nulla per ora, ma non è lontano il giorno in cui si troverà tra questi fatti disparati un nesso logico, in cui nuovi documenti, nuove osservazioni, ci consentiranno di risolvere l’intricato problema delle origini ligustiche. Frattanto, fa d’uopo raccogliere ed osservare coscienziosamente e senza idee preconcette.

Ed ora eccomi giunto all’aurora dei tempi storici, che è quanto dire al fine della mia disquisizione. Stirpi mal note, sospinte da una forza irresistibile, fatale, cominciano dal fondo di remote regioni asiatiche ed europee a riversarsi in Italia e vi soggiogano, respingono o disperdono gli antichi abitatori del suolo. Scendono i Terramaricoli, abitatori di palafitte, semplici pastori, ma pur versati nella metallurgia del bronzo; vengono le stirpi bellicose della prima età del ferro; poi gli Etruschi, già pervenuti ad alto grado di civiltà e dotati di finissimo senso artistico; giungono ancora i Celti fieri e pugnaci. Questi vari elementi etnici si sovrappongono nella valle del Po, alla razza o alle razze preesistenti, e si confondono fra loro per dar origine ad un popolo nuovo; non così tra gli Apennini liguri e in ispecie