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e, nelle recenti vallate, poderosi torrenti travolgono massi e ciottoli di roccie antiche, i quali si accumulano lungo le spiaggie, per formare i conglomerati inferiori di Portofino, Celle, Albissola, Cairo, Dego, Voltaggio ecc. Anche questi emergono alla loro volta e si aderge fra Albissola e Rapallo una estesa propaggine di terra, destinata in breve a scomparire per le successive invasioni del mare.

Colmate le maggiori depressioni, almeno presso i litorali, fattosi piò regolare il regime dei corsi d’acqua, rallentati i movimenti tellurici, quasi si direbbe che gli agenti naturali si riposano delle agitazioni trascorse e si apparecchiano a nuove fatiche. Soffermiamoci alquanto a considerare l’aspetto del paese durante questa fase. Esso apparisce come un gruppo di colline basse, rotondeggianti, coperte di rigogliosa vegetazione; grandi fiumi l’attraversano e alla foce loro s’impaludano in vaste lagune, nelle quali il mare « cuopre e discopre i liti senza posa ». Le piante, che sono i migliori termometri a massima e a minima del passato, c’insegnano che il clima era caldo, mite, uniforme non meno di quanto oggi non sia sulle giocondo pendici di Madera. Non brine, non nevi, non frigide brezze. Quercie, faggi, olmi, pioppi si addensano nelle foreste, e sulle plaghe più soleggiate fioriscono lauri sempre verdi, olezzano Oreodaphne e cinnamomi, spesseggiano svelti palmizi.

Un venerando sacerdote che seppe associare il culto della scienza alle cure dell’alto suo ministero, Don Perrando, raccolse con diligenza unica piuttostochè rara, fra le balze di Santa Giustina, migliaia o migliaia di impronte mirabilmente conservate, in cui rivive ranella splendida vegetazione.