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rante il cretaceo; poi, crescendo la profondità col progredire dell’avvallamento, scisti argillosi e calcari compatti. Compariscono allora nelle nostre acque o si moltiplicano a dismisura queste conchigliette discoidali, che ripetono con tanta verità l’aspetto di monete erose e distorte per lungo uso. Le spoglie delle nummuliti sono copiosissime alla Mortola presso Ventimiglia, nelle valli della Roia e della Nervia, nonché presso Santo Stefano. A Briga, sulle Alpi Marittime, raggiungono ben 2000 metri d’altitudine e ciò prova che da quel tempo in poi il letto del mare si sollevò di altrettanto.

Ben dice pertanto il Mascheroni:

« Tempo già fu che le profonde valli
E il nubifero dorso d’Appenino
Copriano i salsi flutti, pria che il cervo
La foresta scoresse, e pria che l’uomo
Dalla gran madre antica alzasse il capo ».

Dopo la comparsa delle nummuliti, avvenne un fatto, memorabile così nel Genovesato (massime nella Riviera di Levante) come in Piemonte, nell’Emilia e nella Toscana; si riprodusse, cioè, sopra larga scala l’eruzione della serpentina.

La roccia, spremuta allo stato semiliquido e bollente attraverso al fondo marino, si distese in letti e in ammassi, colmando le depressioni, modellandosi nelle anfrattuosità. Sgorgarono pure simultaneamente, come per lo passato, acque calde e minerali, d’onde si originarono conglomerati e svariate roccie anfimorfiche, risultando questa volta più copiosa d’ogni altra l’eufotide ed una sorta di diabase a grana minuta, la quale, alterandosi in presenza degli agenti atmosferici, diede luogo al così detto gabbro rosso. Le assise più superficiali, preesistenti, si convertivano