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8 giornale dell’ingegnere
con facilità il lucido. Ma questo strato che deve essere il più recente, che ne svela la formazione degli altri, e nel quale si riconoscono con legge quasi costante, le noci e gli aceri sul fondo, e le piante delle famiglie delle conifere superficiali, non è tale da poter essere estratto con vantaggio. Devesi anzi abbandonare con altri tre o quattro che trovansi immediatamente inferiori allo stesso, prima di trovare il banco maestro che alimenta le cave. Ma se esso non dà utili prodotti, se snervato come e non è neppure ricercato, anzi rifiutato dai consumatori per difetto di attività calorifica in confronto dell’altro, serve però a formare un tetto assai resistente alle sotterranee escavazioni. Lo strato maestro è quello che alimenta gli scavi assieme a qualche leggiero strato superiore quando il letto d’argilla che li divide non oltrepassi la grossezza di metri 0,20, e quindi non tolga la convenienza di rimuoverlo. La sua potenza che nelle prime escavazioni, le quali trovavansi molto prossime ad una delle estremità del bacino, giungeva appena a tre metri, e che andava assottigliandosi a poco a poco verso la linea di confine esterna coll’avvicinarsi alla superficie del suolo, negli scavi in corso che vanno avviandosi verso il centro giunge fino ai nove metri, tutto pressochè puro, senza letti attraversanti grossi più di qualche centimetro che lo alterino, e finchè è verde, cioè finchè non ha ancora sentiti gli influssi dell’aria atmosferica, molto simile ad una pasta. La profondità delle prime escavazioni trovavasi a metri undici sotto il piano della campagna, in quel punto che già chinavasi a valle. Quella delle escavazioni attuali della ditta Biraghi, è di metri 34, e quella della ditta Botta, di circa metri 42, e questa differenza, come mostra l’unito profilo (fig. 2), è da attribuirsi all’inclinazione del banco verso il centro del bacino, il quale asseconda la giacitura dell’antico fondo della valle. Sembra che la fermentazione, o quel processo putrido che subì questa massa di vegetabili in macerazione, sia stata più violenta nei depositi più bassi, poichè ivi si trovano come alcune conglomerazioni isolate, a guisa di nocciuole perfettamente carbonizzate, e di frattura lucida che fa distinguere quegli strati
dagli operaj col nome di strati del carbone. Si fecero spingere le escavazioni nei primi assaggi per altri ventisei metri circa (fig. 3) sotto il piano delle gallerie. Ma dopo uno strato di metri 4,30 di argilla con sorgenti d’aqua abbondanti, e qualche piccolo letto di lignite, si trovarono altri metri 3,10 di marna calcarea, e poscia un banco di lignite alto bensì metri 3,20, ma così sporco e misto a materie eterogenee da non convenirne la escavazione. Gli altri quindici metri furono sempre attraverso una marna calcarea compattissima e di difficilissima escavazione, finchè raggiunta la ghiaja si sospese il lavoro. Nè l’idea di un altro tentativo di questo genere in parte più centrale del deposito è abbandonata. Solo si attende che i frutti dell’impresa somministrino i mezzi a questi studj senza aggravio della società.

Il nostro lignite ha i caratteri generali degli altri ligniti che ho enumerati, e somiglia moltissimo a quello che si cava presso Uznacht, e del quale si fa molto uso nelle manifatture di Zurigo. Ha tinta bruna, tendente al colore del cioccolatte, ed opaca. È assai compatto, pochissimo bituminoso. Essiccandosi si screpola e sfoglia, massime se lo si espone ai raggi solari, o se si vuol procurare una rapida evaporazione dell’umidità che contiene con mezzi artificiali. Racchiude pochissime piriti sulfuree, sicchè non intacca come molti altri combustibili di questo genere le caldaje. Brucia lentamente con un processo equabile e di molto durata, con una fiamma azzurrognola e chiara, e non molto alta. Lascia gran deposito di cenere che eguaglia in volume i due terzi del combustibile, talvolta bianche, e più spesso azzurrine con qualche vena rossastra, ciò che indicherebbe una lieve mistura d’ocra. La sua combustione deve essere provocata sul principio dalla fiamma viva della legna, e richiede abbondante giro d’aria per alimentarsi. Manda bruciando un fumo denso e biancastro, con odore ingrato, non però così acuto come quello del carbon fossile, odore che diminuisce di intensità più il combustibile è stagionato, ed a differenza del carbon fossile non si gonfia bruciando ma si restringe di volume. Verde rinserra circa il 45 per cento d’aqua e dopo un