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Caracallà, e Geta, che amendue pervennero al Trono. Altre monete consimili portano l’iscrizione AETERNIT. IMPERII per dinotare, che la felicità dell’Impelo veniva a perpetuarsi colla prosapia quì rappresentata.

„DIVI Marci. PII. Filius. P. M. TR. P. ec. Severo,, in abito militare vien coronato da un soldato, (tav. 5. n. 19.)„

Questa moneta esprime un fatto curioso, di cui danno qualche indizio ben molti Storici. Severo spacciavasi apertamente per un figlio di Marco Aurelio Antonino, benché tutto il mondo sapesse, ch’egli era di oscuri natali, e che non apparteneva in verun modo a quel celebratissimo Imperatore. Posta una tal pretensione era ben d’aspettarsi, ch’egli fosse nei documenti pubblici nominato figlio di M. Aurelio, Fratello di Commodo, Nipote di Antonino Pio, e così procedendo nella superiore genealogia; talché sia riuscito a poter cambiare il nome di Bassiano suo figlio in quello di Antonino. Molti si fecero beffe di somigliante fanatismo: ma non ne rise Severo, che in ciò tenea nascoste le politiche sue mire. Collo spacciarsi per un discendente di Antonino, il cui nome era divenuto sagro, e per sempre memorabile all’Impero, egli veniva a rendersi vieppiù caro al popolo; e sebbene la porzione più sana e illuminata vi riconoscesse l’impostura, nella stolida moltitudine però, ch’è sempre più numerosa, un tale prestigio faceva la più potente impressione.


M. AVRELIO ANTONINO, comunemente CARACALLA.


Fu il primogenito di Severo, e di Giulia Domna; portava da prima il nome di Bassiano, ma suo Padre, divenuto che fu Imperatore, chiamollo M. Aurelio Antonino per la stima, che si avea dei tanto benemeriti Antonini. Compiti appena i 10 anni Severo lo nominò Augusto, e suo Corregente. Essendo tuttora vivo il Padre, diede Caracalla manifesti contrassegni dell’animo suo perverso, e crudele, e quello morto, si abbandonò intieramente alla brutale sua ferocia. A tenor delle paterne disposizioni doveano regnare concordi i due Fratelli Caracalla e Geta: ma quegli volea regnare da solo, e cercò quindi di disfarsi di questo. Le provincie desolate, che ben capivano quali tristissime conseguenze fossero per provenire da una tale dissensione di animi, faceano ricorso alle divinità, celebrando feste denomi-