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pane nero, tanto duro e risecchito che pareva di legno. Io mi sentii turbata, e siccome mi trovavo proprio accanto a lei, non sapevo risolvermi a levar dal paniere il mio pane bianco, con quell’uva fresca. Mi pareva che la vista di quelle buone cose dovesse affliggerla o ricordarle i suoi bei tempi.

A un tratto mi venne un’idea, un’idea da bambine. Richiusi il paniere e ripresi il mio ago torto.

— Perchè non mangia? mi chiese la signora Maddalena. — La poverina ci dava del lei.

— Sono stizzita con la zia, risposi senza alzare il capo.

— Perchè? Si è scordata di darle la merenda?

— Tutt’altro! Guardi! - E cavai fuori la mia colazione. Gli è che quando sono in campagna, non farei altro che mangiare pane scuro, proprio di quello nero, da contadini. Ha un sapore! E la zia si ostina a volermelo dar bianco.

— La mamma vorrà così, osservò la maestra.

— La mamma? risposi con vivacità. Oh la mamma non bada a queste sciocchezze; sa che sono sana e ha caro, anzi, che mi avvezzi a mangiare di tutto.

La signora Maddalena era diventata rossa e rigirava il suo cantuccio tra le mani con aria indecisa.