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venti lire. Glie lo detti subito, ed ebbi per soprappiù un medaglioncino d’argento per tenerci i capelli del mio marito.
Tornai a casa con un bell’involto sotto il braccio. E da quel giorno in poi, il tramontano non mi fece più paura: il mio Gigino aveva il paletôt.
Il bambino, dopo qualche mese di questo fatto, era un fior di bellezza: chi me lo rubava di quà, e chi di là. Perfino il suo maestro l’aveva voluto tenere a desinare.
Ma un figliuolo a quel modo, non me lo meritavo. La difterite me lo portò via in quarantott’ore. Ed eccomi qui! —
La Luisa tacque. Mentre parlava, ravviava le cassette del cassettone, spiegava alcune camicine, altre ne riponeva. Scosse una giacchetta, spolverò un berretto e tirò fuori un paltoncino.
Lo guardò fisso, con gli occhi infiammati, eppoi, stringendoselo al petto:
— Oh figliuolo, figliuolo mio, balbettò tra i singhiozzi, se non avessi venduto il braccialetto, chi mi darebbe, ora, la forza di vivere?