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— Che hai, Gigino? disse la mamma. Perchè codesta cera da mortorio?

— Perchè io non mi diverto punto, rispose Gigino. Non potevano scegliere un’altra cosa? I burattini, per esempio?

— Sai bene che l’Ernestina non li può soffrire. Ci si sarebbe annoiata, e ci saremmo, credilo pure, annoiati tutti.

— Ma mi sarei divertito io, riprese Gigino.

— Pensa, rispose la mamma, che se avessimo fatto a modo tuo, saremmo stati, in quattro, a provare la noia che provi tu solo. Non è meglio contentare i più? E tu, in sostanza, ti saresti potuto divertire in mezzo alla contrarietà di tutti?

Gigino non rispose. Sentiva che la mamma aveva ragioni da vendere.

— Andiamo, figliuolo, fai oggi quel che dovrai fare spesso, quando sarai diventato un uomo: sacrifica i tuoi gusti particolari a quelli della maggioranza e godi del piacere che con la tua condiscendenza puoi procurare agli altri.

Gigino non ebbe bisogno d’altre esortazioni per esser persuaso dei suoi torti. Strinse la mano della mamma e le disse sorridendo: — Sarò buono, buono, buono!

— Ecco il fiume, ecco il fiume! gridarono i ragazzi, e fecero per prender la rincorsa.