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gazzo, era però un vero fuoco lavorato. Cominciò dal ruzzare intorno alla tavola, dal farla tentennare, dal dimenare la seggiola dove sedeva Alessio; il poverino non alzava gli occhi e seguitava a studiare, ma ad un certo tremolìo del labbro superiore, era facile argomentare l’impazienza che gradatamente s’impadroniva di lui.
Accorgendosi che con quei mezzi non veniva a capo di nulla, Pietrino cominciò a cantar forte una canzonetta scolastica, interrompendo e perciò confondendo Alessio, che ripeteva, anche lui a voce alta, la sua lezione di storia.
— «Ed il Signore disse ad Abramo....
— «Qual è la patria dell’italiano?
— Pietrino, fammi il piacere, canta adagio, non mi fare sbagliare.
— «Prendi il fanciullo....
— «Sotto il bel cielo napoletano....
— «E sacrificamelo sul monte.... sul monte Moria! Isacco, strada facendo, diceva: Padre, io veggo le legna e il coltello.
— «Nel mar, nell’aere, nei monti un riso...
— Pietrino, mi raccomando! «..... ma la vittima dov’è?
— «No! Non è il gaio giardin toscano,
- La grande patria dell’italiano!»
Alessio si sentì salire il sangue alla testa e