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che ho mandato a chiamare, affinchè prenda cura del bambino, gli dia il giulebbe e lo rifasci.
— Ma il bambino è della mamma. Lo ha visto?
— Sì, che l’ho veduto, disse la signora scansando il parato del letto per veder meglio l’Enrichetta. E tu sei contenta d’averlo?
— Se sono contenta? figuratelo! non sarò più sola a fare i balocchi. Ma che viso curioso! Babbo, ti contenti che lo faccia correre con me? Lo terrò per la mano.
— È impossibile; il poverino non si reggerebbe in gambe. Non vedi come le ha deboli?
— Oh Dio! Che bei piedini! paiono di ovatta! Lo vedo da me, che prima di correre ci vorrà del tempo.
— Pazienza! Bisognerà prima che egli impar a camminare: e dopo, sgambetterete insieme nel giardino.
— Davvero? Povero piccino! Voglio che stia sempre con me. Intanto, perchè tu possa avvezzarti a volermi bene, eccoti una figurina, prendila. Babbo, perchè non la vuole e tiene le manine serrate?
— Perchè non sa che cosa farsene. Bisogna aspettare qualche mese.
— Quand’è così! Caro omino mio! Io ti regalerò i miei balocchi. L’hai caro? Rispondi. Ti