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— E le tortorine?
— Anche quelle, lo sai bene, le ho, si può dire rilevate da me, fino da quando uscirono dall’uovo. Le chiamo le mie figliuole.
— Dunque non hai proprio nulla da dare al povero Manfredo!
— Per quello sì! Ci avrei....
— Che cosa?
— Te ne rammenti di quella bella borsa di seta rossa traforata che mi regalò la zia, anno, per ceppo? È una gran bella borsa!
— È vero. Ma cosa vuoi che ne faccia il tuo fratellino? Egli non ha denari, nè potrebbe quindi adoprarla. Anche tu, appena la ricevesti, corresti subito a buttarla nel fondo del cassettone.
— Scusa, mamma, ma la borsa sarebbe un bel regalino!
— No, figliuola: un regalo, a voler che sia bello deve piacere a noi e far piacere a chi lo riceve.
— Dunque, a detta tua, io dovrei regalare a Manfredo tutte le cose che mi sono care!
— Tutte, no. Una sola basterebbe!
L’Ida riflettè un momento e disse:
— Quand’è così, coglierò, per la festa di Manfredo, i più bei fiorellini della mia pianta, e gli regalerò il passerotto.
— Brava bambina! Lo dicevo tra me che la mia Ida ha buon cuore!