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Commiato.


Siamo giunti all’ultima pagina del libriccino, la cui lettura oltre al non aver forse avvantaggiato di molto la vostra educazione intellettuale, vi sarà stata certo cagione di qualche sospiro precoce, di qualche pensiero non lieto. Perdonatemi. Perdonate a questa vostra amica, che non sa risolversi a usare con voi le blandizie giocose con le quali si addestrano dai saltimbanchi e bertuccie e orsacchiotti. A voi, creature intelligenti, destinate alla vita, ho voluto insegnare la vita: non quale ve la presentano i giornaletti della domenica e i libriccini moderni, ma qual è nella realtà.

Le lacrime che avrete visto brillare talvolta nelle pupille di vostra madre, gl’infelici che implorano dalla vostra carità un pezzo di pane che li sfami, un sorso d’acqua che li disseti: gl’infermi che popolano gli ospedali, i traviati onde rigurgitano le carceri, vi hanno detto, avanti di me, che la vita non è un giuoco.