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finestra. Le bambine non si vedevano. Che le loro mamme non volessero farle uscire a quel tempaccio? Poteva anche darsi e in questo caso non c’era da ripigliarsela con nessuno.

Livia, tanto per ingannare il tempo, prese un libro e si provò a leggere. Ma quando non si ha la testa lì, impossibile di capire una sola parola: ella vide soltanto che in quella pagina l’argomento si aggirava sugli ombrelli da acqua.

La bambina posò il libro e si mise a guardar quelli che passavano dalla strada. Ce ne erano di tutti i colori e di tutte le forme.

La Livia ne aveva uno bellino, di seta scura, che poteva servire da sole e da acqua; ciò che i francesi chiamano un en-tous-cas (in ogni caso). Sapeva che l’ombrello è una specie di tenda di seta o di cotone, arrotondata in fondo, sostenuta in alto da un manico che si tiene in mano, e raccomandata a questo manico da otto o nove stecche che la sostengono.

Dicendo che questa tenda è arrotondata, intendo per la forma generale, poichè essendo la stoffa ben tirata sopra ogni stecca, ne viene che il limite estremo dell’ombrello forma come un festone con tante punte, quante sono le stecche. E siccome queste stecche, le quali possono esser di balena,