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vane, bella, vestita bene, che sorrideva spesso, che regalava loro delle stampe o dei soldatini. E a me, invece, la vecchia signora non usava che sgarbi e modi arcigni. È vero che a quei tempi ero un vero monello, senz’altra voglia addosso che quella di giocare a nocìno o di fare alla palla coi quaderni. Ma nonostante avrei preso di essere trattato meglio. Erano sempre gastighi, minaccie e scappellotti. Una volta sola, l’unica! che nel fare il chiasso m’ero quasi levato un occhio, la vidi agitata, piangente, starei per dire carezzevole. Mi prese sulle ginocchia brontolando e mi fasciò l’occhio sciupato. Io, intanto, da quello buono, vidi benissimo che le tremavano forte le mani.
Saranno state idee, ma quel tremolìo mi fece impressione, tanta impressione, che d’allora in poi mi messi in testa d’esser buono. Cominciai a tener di conto dei quaderni, a stare attento alle lezioni e infatti nella prima dettatura feci quindici sbagli solamente.
La signora Leonarda mi prese subito a ben volere, e una volta che venne nella scuola un signore tutto vestito di nero, mi fece alzare e gli disse delle parole in un orecchio. Il signore mi accarezzò e mi dette un bacio. Che cosa gli avrà mai detto?
Intanto la signora Leonarda si ammalò, chi diceva