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rimento, e riflettendo seriamente a quella gran cagione della pression dell’aria, che conseguenze grandissime si tira dietro, pensò ad una gran parte di quelle osservazioni, che poi si son messe in pratica con avvedutezza, e con senno da coloro, che hanno così ingegnosa esperienza promosso, la quale ha avuto questo vantaggio sopra l’altre, che, non è terminata in se stessa, come suole per ordinario accadere, senza apportare verun altra utilità, ma è stata, e sarà sempre nella lunghezza del tempo avvenire, una perenne sorgente per lo scoprimento di molti, e profondi misteri, che dalla maestra Natura, erano stati nascosi. Quando fu ben sicuro il Torricelli della verità dell’esperienza, siccome era usato di fare degli altri suoi ritrovamenti, ne diede contezza agli amici, e fra gli altri in Roma a Michelagnolo Ricci colla seguente lettera, che gli scrisse a gli 11. di Giugno dell’Anno 1644.

Mandai queste settimane passate alcune mie dimostrazioni sopra lo spazio della Cicloide al Sig. Antonio Nardi, con pregarlo, che dopo averle vedute l’inviasse a dirittura a VS. o al Sig. Magiotti. Le accennai già, che si stava facendo non so che esperienza filosofica intorno al vacuo, non per far semplicemente il vacuo, ma per fare uno strumento, che mostrasse le mutazioni dell’aria, ora più grave, e grossa, ora più leggiera, e sottile. Molti hanno detto, che non si dia, altri, che si dia, ma con repugnanza della Natura, e con fatica; non so già, che alcuno abbia detto, che si dia senza fatica, e senza resistenza della Natura. Io discorreva così; se trovasi una causa manifestissima dalla quale derivi quella resistenza, che


si sen-