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rò non posson esser intesi perfettamente, se non da chi avrà prima avuto la contraccifera, e l’istruzione della Geometria. L’editto Platonico col quale proibiva l’ingresso della sua famosa Accademia a chi non era Geometra, oggidì è assai più noto, che osservato. L’istesso Platone nel Filebo pronunzia, che tutte le discipline son vili senza le mattematiche Il medesimo nel settimo delle leggi comanda, che le discipline mattematiche debbano impararsi prima di tutte l’altre; ed assegna le ragioni, per le molte, e rilevanti utilità, che esse apportano, non solo per l’apprensione dell’altre arti, ma anco per l’amministrazione della Repubblica, e per lo governo delle Città. Nell’istesso luogo egli afferma, che gli Aritmetici naturalmente sono atti, e idonei a tutte l’altre dottrine: e diffondendosi nelle lodi delle Mattematiche, arriva fino a dire, che quando anco non apportassero utilità alla Repubblica (siccome ne apportano innumerabili) in ogni modo dovrebbero impararsi per questo punto solo, perchè elle corroborano la mente, ed inacutiscono l’ingegno, facendolo idoneo all’apprensione dell’altre Arti liberali. Nel settimo della Repubblica, e nel Timeo, esalta le Matematiche, con encomio superbo, chiamandole, via d’ogni ingenua erudizione. Nell’istesso soggiugne, che l’occhio dell’anima, il quale negli altri studi s’acceca, solo dalle scienze mattematiche viene recreato, ed eccitato alla contemplazione.

Ma che occorre, ch’io vada numerando le testimonianze dell’antichità, che per esser vecchie son deboli? Abbiamo Uditori, freschissimi, e presenti i motivi, che dovrebbero esser efficaci per isvegliare qualsivoglia più neghittoso, e addormentato ingegno. Nominerò solo l’esempio de’ vostri Serenissimi Principi, amatori, e protettori delle Mattematiche; accennerò solo la fresca memoria del nostro famosissimo Galileo, nome benemerito dell’Universo, e consecrato all’eternità. Se l’industria dell’arte, e la fertilità de i campi rendono questa Patria abbondante; se la provvidenza, e l’equità del governo pacifico la fanno felice; se la preminenza d’una favella, e la Monarchia d’una letteratura si degna, la pongono nel soglio della gloria, il solo nome del Galileo era bastante per coronarla di lode, e per renderla immortalmente famosa. Famosa dico


anco