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quegli colà adunati, onora il Galileo, e non lo conosce. Ed io vi provo, che niuno di quegli onora il Galileo; perche quando comparisce egli stesso alla presenza di tutti, nessuno lo riverisce. Adunque è necessario, che ciascuno avesse in testa sua qualche fantasma figurato pel Galileo (siccome l’abbiamo tutti delle persone famose antiche) al quale concedeva quelle lodi, e quelle onoranze, che al vero, e reale Galileo si convenivano. Così in cambio d’esser onorato il famosissimo vecchio, veniva ingiustamente ad onorarsi un simulacro, che di lui non aveva ne anco la simiglianza.

Non vorrei che si prendesse un equivoco, anzi un errore pur troppo manifesto, e nondimeno molto usitato. La fama, siccome io diceva, per mio credere, non dee esser del nome chimerico, ma della persona reale, o almeno d’un concetto nella nostra apprensione, il quale alla vera, e real persona si conformi, e s’assomigli. Chi non sa, che il nome degli uomini è accidentale, posto ad arbitrio, che può levarsi, mutarsi, alterarsi in molti modi, senza mutar punto l’identità della persona, che da esso vien significata. Io goderei sommamente quand’io fussi tra una comitiva di cent’uomini onorati, e che il popolo mostrando me solo a dito, dicesse ecco là quel valentuomo, che ha fatto tante belle statue, o che ha riportato sì gloriose vittorie. Queste sono le vere, e pregiabili onoranze, che appartengono alla persona. Ma dopo morte io non mi curo punto, che sieno celebrati, e volin per le bocche degli uomini coll’applauso delle Nazioni quei caratteri, che compongono il nome piuttosto del Torricelli, che d’Atabalippa. Avrei per caro (per dir un impossibile), che i secoli avvenire formassero concetto aggiustato del mio corpo, del mio genio, e di tutto me stesso, e concedessero piuttosto la venerazione nel lor pensiero a un Mattematico di Firenze, che ad un Re dell’America.

Che diremo adesso dell’infamia? Guai a noi, o Accademici, degnissimi di lode sempiterna, guai a noi se negli annali della memoria si registrassero altrettanti nomi macchiati d’ignominia, quanti son quelli coronati di gloria. Volle, cred’io, la provvidenza della Natura suggerire al costume degli uomini, che nel catalogo della fama non si arruolassero i nomi de-


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