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Valerio Flacco la sua Argonauta:

Prima deum magnis canimus freta pervia nautis;

modo e costume, imitato ancora grandemente dagli Eroici toscani; onde incominciò il Ferrarese il Furioso:

Le donne, i cavalier, l'arme e gli amori
Le cortesi, l'audaci imprese io canto;

e il nostro Fiorentino il suo Cortese:

Or de' miei giorni a le stagion mature
Canterò di Giron l'alte avventure

e considerando che il soggetto e la materia di questo suo poema era molto più alto e più dotto del loro, contenendo egli in sè cose molto maggiori, che arme e amori, fatiche di cavalieri, trasformazioni di uomini in pietre o in arbori, pericoli di naufragii e di mare, perchè trattava della cognizione de’ vizii ed errori umani, del modo di fuggirgli e purgarsene, e di poi passare sopra tutte le cose, fuori del cielo, ove dice il Filosofo che vivono quegli enti divini felicissimamente la vita loro, a fruirvi quella vera e somma beatitudine, a la quale non può arrivare uomo alcuno come uomo, ma solamente come figliuolo adottivo di Dio; gli parve da non cominciare, come avevano fatto eglino, con un principio, per il quale intendendo gli uditori tutto quello che egli voleva trattare, posassero subito gli animi, e non gli tenessero più attenti ad ascoltare come prima. E se ei cominciò di poi la seconda cantica pure in quel modo, dicendo nel secondo terzetto:

Io1canterò di quel secondo regno
Dove2l'umano spirito si purga,
E di salire al ciel diventa degno;

egli lo fece, dubitando che quegli, i quali avevano conosciuto e la moltitudine e la qualità de’ vizii passando per l’Inferno, non si fussero sbigottiti di maniera, pensando di non potere stampar da quegli, ch’ei fussero caduti nel peccato della di-

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  1. Cr. E.
  2. Cr. Ove