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dilettevoli che utili, e se pure elle arrecano utilità alcuna all’uomo, gnene arrecano come a mortale e che abbia il fine suo in questa vita, Dante scrive cose, le quali non gli insegnano solo a vivere moralmente e civilmente in questa, ma come egli possa ancora procacciarsi la eterna beatitudine nell’altra. Onde fu con gran ragione assomigliato, da un nostro litterato moderno, questo suo poema al mese di settembre, utilissimo e abbondantissimo di molti, varii e ottimi frutti; e quei degli altri a quel del maggio, vago e bello solamente per la varietà e moltitudine de’ fiori, e per la lieta verdura delle campagne. Nè merita certamente Dante (s’e’ si considera bene il suo poema) d’essere lodato solamente fra i poeti, ma fra tutti gli altri scrittori di qualunche si voglia scienza. Imperocchè, se le scienze acquistano (come vuole il Filosofo) la nobilità e degnità, e così ancor conseguentemente i loro scrittori, o da la materia e subbietto del quale elle trattano e circa al quale elle procedono, o da frutti che se ne cavano e da la certezza loro, quale è quello scrittore il quale meriti per tutte queste cagioni, non che per una sola, di essere più lodato e celebrato di Dante? Conciosia cosa che, se noi consideriamo bene, cominciandoci da la materia e dal soggetto, questo suo poema, quale è quello scrittore, il qual pigliassi1 mai il maggiore e più alto concetto di lui? scrivendo egli di questi tre regni: Inferno, Purgatorio e Paradiso; dove egli piglia occasione di trattare di tutte le più belle cose morali, matematiche, naturali e sopra a naturali, che possa immaginar mai intelletto alcuno umano; di sorte che essendo paruto ad alcuno ch’ei non abbia lasciato cosa alcuna bella, ch’è non abbia trattato in qualche modo di lei, nè luogo alcuno a gli altri da potere acquistarsi fama, coma ha fatto egli, l’hanno chiamato il poeta villano. Se noi consideriamo di poi la disposizione e l’ordine, con il quale egli procede in questa sua Comedia, noi lo troveremo essere tanto bello e maraviglioso, che noi saremo forzati a lodarlo di tal cosa sopra a ogni altro scrittore, e

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  1. Pigliasse.