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14 | LETTURA PRIMA |
greci e latini, con grandissima dottrina ed eloquenza la partita di Ulisse di Grecia, il viaggio, la navicazione, le fatiche e finalmente il suo ritorn della città di Troia a Itaca sua patria, e oltre a di questo lo sdegno ch’ebbe Achille contro Agamennone, onde nacquer tante discordie e tante rovine, E Dante, innalzandosi a molto maggiori e più alti concetti, scrive la partita dell’anima umana da Dio, dicendo:
Esce di mano a lui, che la vagheggia |
il viaggio che ella fa, di poi ch’ella è entrata nel corpo, insieme con quello; i travagli e gl’impedimenti ch’ella truova nella valle oscura di questo mondo, e finalmente come ella ritorni, dopo il corso della vita umana, a la patria sua celeste; lo sdegno che ha di tal cosa lo avversario nostro e lo inimico della umana natura, onde nascon tanti travagli e tante guerre che ci son fatte continovamente da lui. Scrisse Virgilio con dottrina, e con grave e leggiadro stile, la partita di quel pio e giusto
Figliuol d’Anchise che venne da Troja, |
la sua navicazione, il ritenerlo dal suo viaggio che fece Dido di Cartagine, l’Arpie e le Sirene; e lo arrivar che egli fece nel regno d’Italia, dove egli finalmente si morì. E Dante scrive la partita dell’uomo da la selva oscura della confusione; la noia, e l’impedimento che gli dànno l’appetito delle cose veneree, quello de gli onori e quel delle ricchezze, figurate da lui per quelle tre crudelissime fiere, le quali non lo lasciavano salire al monte dilettoso, illuminato da’ raggi del Sole; e ultimamente lo arrivare che egli fa, scampate e purgatosi da’ vizii, al regno del Cielo, ove egli non muore, come fece Enea in quel d’Italia, ma sì vivo poi sempre, libero da
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- ↑ Cr. Poichè.