di questa sua maravigliosissima Comedia fusse quello che mi mosse, in quella età nella quale l’uomo è più dedito e inclinato che in alcun’altra a’ piaceri, e nella professione che io faceva e fo, tanto diversa da le lettere, a mettermi a imparare la lingua latina, e di poi a spendere tutto quel tempo, che io poteva torre a le mie faccende familiari, negli studii delle scienze e delle buone arti, giudicando, come è il vero, che il volere intendere senza quelle questo poema fusse come un volere volare senz’ali, o veramente un volere navicare senza bussola e senza timone), e oltre a questo desiderio, che io ho avuto sempre ed ho, di ubbidire allo Illustrissimo ed Eccellentissimo Principe nostro, fondatore e mantenitore di questa nostra famosissima Accademia, e così ancora similmente a questi miei onorando e maggiori Accademici, i quali mi hanno fatto eleggere a Sua Eccellenza Illustrissima a così onorata impresa, mi hanno spinto, senza avere quel rispetto che era forse il meglio che io avessi a le forze mie, [a] così volentieri e con pronto animo accettarla; essendomi i cenni del mio Principe espressi comandamenti, e i buoni e onorati concetti, che hanno avuto di me questi miei maggiori Accademici (per essere cosa da stimar sopra tutte l’altre l’essere lodato e approvato da gli altri lodati), sproni potentissimi e acutissimi a farmi camminar velocissimamente per tutte quelle vie, che io creda sadisfare e compiacere loro. Sarà adunque l’officio e l’opera mia esporre e dichiarare, con ogni mio studio ed industria, ma così familiarmente e con quella maggior brevità che mi sarà possibile, gli alti concetti e i profondi sensi della Comedia di questo poeta eccellentissimo: e il vostro, non m’incolpando, rispetto a chi mi ha eletto a tale impresa, di presunzione o di troppo ardire, ma scusando i miei brevi e piccoli studii, presi da me più tosto per passarmi lietamente e con manco fastidii che io poteva il tempo, che per professione, contentarvi di que’ pochi frutti, che saprà cavare il valore e l’acutezza dell’ingegno vostro da la mia sterilità e poca cultivazione di quegli; parendovi bene assai, in così grande e difficile impresa, che io a guisa di quei prudenti marinari, che conoscendo di non aver legno atto a sol-