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xxxii | alla r. accademia |
visa tra la figura dipinta e la stampata, dànno fondamento alla congettura, che pur fosse del Bronzino il disegno che servì per la stampa.
VII
Qualche cosa rimarrebbe a dirsi intorno al merito di queste Letture. Ma come varii sono i giudizii della gente, e varii sono più di ogni altro i giudizii della gente letterata, così è di assoluta necessità il premettere su qual fondamento si voglia stimare il pregio di questa o di qualsiasi esposizione del poema di Dante. Vi sono alcuni, e non sono scarsi di numero nè di autorità, i quali hanno in abbominio e commenti e commentatori; e dicono, questi essere un branco di pedanti, e quelli una inutile soma; poichè, o il verso è chiaro, e allora perchè spiegarlo? o non si capisce, e allora il meglio è darlo al fuoco, essendo cosa intollerabile questa di scrivere un libro per farne intendere un altro, e così cagionare al prossimo la fatica e la noia di leggerne due in vece di uno solo. Dante però non era di questi così rigidi censori. De’ commenti egli era amico; e diceva che i commenti sono il pane col quale si mangiano le canzoni. E insistendo su questa allegoria del pane, compose egli stesso un commento, e lo chiamò Convito; e disse che la vivanda di questo convito sarebbesi di quattordici maniere ordinata, cioè di quattordici sue canzoni, sì di amore come di virtù, «le quali senza lo presente pane avevano di alcuna scurità ombra...; ma questo pane, cioè la presente sposizione, sarà la luce, la quale ogni colore di loro sentenzia farà parvente.» I libri del Convito ci rimasero incompiuti; e delle quattordici canzoni di cui dovevamo avere il commento, so-