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xxx alla r. accademia

consultò e conobbe, non un solo testo, ma infiniti; nè certamente fu tal uomo da adottare a caso, e senza matura considerazione, una variante più tosto che l’altra in mezzo a questa infinita copia. Laonde ho fatto in modo che per quanto se ne può ricavare dalle Letture Gelliane, i Dantisti avessero di così fatte varianti un completo registro nella presente mia edizione. A ciò mira la terza specie delle postille, dove a una a una rilevai le varianti accettate dal Gelli, pigliando per termine di confronto, e segnando Cr., la edizione fatta dal Le Monnier nel 1837 sotto la direzione di quattro illustri Accademici vostri; edizione approvata poscia, e allegata da voi nel Vocabolario.

Una raccolta, com’è questa, dove si adunano per la prima volta e per intero le maggiori e più erudite scritture del Gelli, non doveva andare senza il ritratto dell’autore. Nelle Vite deì più eccellenti pittori, ristampate ultimamente a Firenze dal Sansoni con nuove annotazioni e commenti dell’illustre Arciconsolo vostro Gaetano Milanesi, narra Giorgio Vasari, che il Bronzino, in una tavola allogatagli da Giovanni Zanchini per farvi dentro un Cristo disceso al Limbo fra i Santi Padri, dipinse molto naturali alcuni ritratti, fra i quali (dice il Vasari) «è Giovambatista Gello, assai famoso Accademico Fiorentino.» E di che valore si fossero i ritratti del Bronzino, possiamo saperlo dal medesimo Vasari, il quale ci assicura essere stato proprio di questo maestro il ritrarre dal vero, quanto con più diligenza si può immaginare; onde i suoi ritratti erano di maniera finiti, che parevano vivi veramente, e che non mancassero loro se non lo spirito. Ma la tavola della quale si parla, dopo essere stata per molti anni sopra un altare in Santa Croce, ne fu levata e trasportata nella Galleria degli Uffizii, a cagione di parecchie figure che vi si veggono ignude contro le leggi della