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170 LETTURA PRIMA


dimostrando con arte grandissima, che non che gli altri (i quali giudicano più rettamente, che non faceva forse egli stesso, rispetto a l’amor propio), si giudicava al tutto indegno egli di tal cosa; e concludendo finalmente, che se egli si sbigottiva, e abbandonava l’andar seco, lo faceva solo perchè ei temeva che tale andata non riuscisse folle, cioè vana, come dice il testo; soggiugnendo, per spronar Virgilio maggiormente a considerar le difficoltà ch’erano nel luogo, per il quale e al quale ei voleva menarlo:

Sei savio, e intendi me’ che io non ragiono.

E qui posto fine a tal ragionamento, egli dimostra con una bellissima comparazione, qual fusse divenuto, combattuto da così diversi pensieri, il suo animo dicendo:

E quale è quel che disvuol quel ch’ei volle1
     E per nuovo pensier2 cangia proposta,
     Sì che da il3 cominciar tutto si tolle;
Tal mi fec’io in quella oscura costa;
     Perchè, pensando, consumai l’impresa,
     Che fu nel cominciar cotanto tosta.

Imperò che come colui al quale, sopravenendo qualche nuovo pensiero, muta di tal maniera il proposito suo, ch’ei disvuole e non vuole più quel ch’egli voleva prima, così divenuto tale il nostro Poeta in quella oscura costa, cioè piaggia (oscura litteralmente, perchè si discostavano, camminando a lo ingiù, di mano in mano più da’ raggi del sole; e oscura allegoricamente, perchè camminava ancora, in quanto a sè, nella incertitudine della sapienza umana), consumò e finì l’impresa, la quale egli aveva così tosto, prestando fede a le parole di Virgilio, incominciata. Della qual cosa accorgendosi Virgilio, gli rispose quel che noi esporremo, concedendolo Dio, nella lezione che verrà.



  1. Cr. ciò che volle.
  2. Cr. per novi pensier.
  3. Cr. del.