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egli avesse a fare a salvarsi, che osservassi i precetti della legge; e dipoi quando lo ridomandò, come egli avesse a fare a essere perfetto, che dèsse ogni cosa a poveri, e seguitasse lui; dimostrando, che lo eleggere più il primo che il secondo consiglio, stava meramente a lui, ed era posto al tutto nella libertà sua. La quale libertà dell’uomo nasce in lui per lo avere egli, oltre a lo appetito il quale serve a la cognizione de l’intelletto (onde ella è capace di ragione), può eleggere o rifiutare quel che appetisce lo appetito, guidato da ’l senso, liberamente e secondo ch’ella vuole. Da ’l quale officio del volere e non volere, secondo che pare a lei, ella ha questo nome volontà. Questa libertà adunque volendo Virgilio dimostrare al nostro Poeta che era in lui, gli dice, avendo fatto menzione di quelle anime beate che son nel regno del cielo:

A le quai poi se tu vorrai salire;

cioè; in te è posto, mentre che tu sei in questa scena mondana, lo abbassarti e andare a lo Inferno, e lo innalzarti e salire al cielo.

Ma perchè Dante, essendo instruito in qualche parte della disciplina cristiana, arebbe potuto dubitare, che se bene egli avesse avuta la volontà, non solamente disposta, ma infiammata e accesa del desiderio di salire al cielo, le forze sue non fossero dipoi bastevoli a tale impresa, nè le operazioni sue meritorie di sì alto premio (non essendo condegne le passioni di questo secolo, come dice Paulo, a la futura gloria), Virgilio, temendo tal cosa, previene con la risposta a tal dubitazione, dicendo:

Anima fia a ciò di me più degna,
Con lei ti lascerò al1 mio partire;

dimostrandogli con tali parole, per avere inteso così da Beatrice, come subito ch’egli eleggerà con lo arbitrio libero della volontà sua salire al cielo, la divina grazia (e questa è la quarta

  1. Cr. nel.