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126 LETTURA PRIMA

a ’l più alto e più perfetto, il quale è la prima forma, e far molti altri discorsi simili i quali tengono più tosto del divino che dell’umano, ei non par possibile in modo alcuno, che una sustanza tanto nobile e tanto spirituale abbia a mancare, in quel medesimo modo che fanno le cose corporee e materiali. E questa e altre simili persuasioni indussero Mercurio Trismegisto, Pittagora, Socrate, Platone e molti altri sapienti, nella credenza che l’anime fussero immortali; e fecero ancor forse parlare ad Aristotile e nella Etica e ne’ libri Della anima, e in quegli Della generazione degli animali, in tal maniera, che alcuni tengono ancor di sua mente ch’elle sieno immortali. Niente di manco queste son tutte conietture e ragioni persuasive, e non constringon di tal sorte il nostro intelletto, ch’ei non gli rimanga luogo donde fuggire; per il che non si può saper finalmente tal cosa certamente, se non per via di revelazione, come la manifesta qui Virgilio a Dante, o per via della fede e delle sacre scritture, come farà dipoi Beatrice.

Dopo la qual cosa, gittata da Virgilio nella mente del nostro Poeta per fondamento della preparazione ch’egli intendeva d’introducere in lui, egli soggiugne e dicegli la seconda; la quale è, come ei sono stati preparati da Dio nell’altra vita alcuni luoghi, dove l’anime hanno a essere e punite e premiate delle colpe e de’ meriti loro. Le quali cose sono ancora elleno tanto contro a la sapienza umana, che color che camminan per le sue vie le hanno reputate favole e chimere. E se bene ei si truovano alcuni scrittori (e particularmente Omero, il quale fu reputato uno oceano di scienze) che hanno posto lo Inferno e i campi Elisi, dicendo che in quello son puniti i mortali dei lor falli, e in questi premiati dei loro meriti, ei l’hanno fatto più tosto per muovere gli uomini con il timore della pena, e con la speranza del premio, a fuggire i vizii e seguitare la virtù, dimostrando loro con tali mezzi metaforicamente il contento che si ha nel bene operare, e il tormento che dà altrui il rimorso della conscienza quando l’uomo pecca, che perchè ei credino che tali luoghi sieno veri e reali. E di questo rende manifestissima fede Lucrezio, dicendo nel terzo libro Delle cose naturali: