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sta a lui propio il procacciarsi quale egli vuole di questi luoghi, e conseguentemente ch’egli è libero. Imperò che se ei pensasse di operare necessariamente, e non poter fare in altro modo che come egli fa, non bisognerebbe ch’egli si affaticasse in prendere più una strada che un’altra, perchè sarebbe destinato e ordinato il cammin ch’egli avesse a tenere. La quarta, che se egli eleggerà il salire su nel cielo fra le genti beate, e le forze sue non saranno per loro stesse bastevoli a tal cosa, sarà ordinato chi sopperirà a quelle, e lo guiderà felicissimamente a quel regno. E la quinta e ultima è la cagione, per la qual l’intelletto umano non può ascender naturalmente nella vera cognizione di Dio e della eterna beatitudine. Laonde incominciandosi de la prima, dice:

E trarrotti di qui per luogo eterno;

cioè io ti merrò, cavandoti di questa selva, per un luogo il quale non ha mai a mancare, diviso in tre regni, ne’ quali vanno, come tu vedrai, tutto l’animo dei mortali uscite che ell sono de’ loro corpi. Ove dicendo egli che questi tali luoghi, preparati da la divina previdenza per recettacolo delle anime umane, sono eterni, egli viene ancora per conseguenza a dire che son similmente immortali ed eterno esso animo. Imperò che se esse anime non fussero ancora elleno eterne, sarebbono stati fatti eterni vanamente e senza bisogno alcuno essi luoghi; il che è tanto contro a l’ordine della divina sapienza, che i filosofi tengono che Dio e la natura non abbia mai fatto cosa alcuna invano, per una degnità e per una massima manifesta e certa appresso a ogni sano intelletto. Della quale immortalità dell’anima non poteva mai aver certezza Dante, stando in essa selva. Imperò che affatichinsi quanto ei vogliono i savi del mondo, ei non possono mai acquistare per via naturale la cognizin demonstrativa di tal verità. Egli è ben vero, che quando altrui considera quanto sieno maravigliose l’operazioni del nostro intelletto, e come egli può in uno punto quasi indivisibile di tempo ascendere, con il discorso e con la cognizione, da ’l più basso e più imperfetto ente che si ritrovi in questo universo, il quale è secondo i filosofi la prima mate-