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del giudicio universale, egli ne avesse parlato in tal maniera, essendo quello uno de’ principali articoli della nostra fede. E però io mi accosto e convengo più con lo espositore moderno e col Vellutello, i quali dicono che ritrovandosi Dante, quando ei fece questa opera, grandemente obligato a la cortesia di M. Bartolomeo della Scala, signore in quei tempi di Verona, per essere egli stato, mentre ch’egli andava peregrinando nel suo esilio per l’Italia quasi che mendicando il pane, ricevuto e sostentato da lui, pensò, per mostrarsi grato di tal benefizio, (imitando Virgilio, il quale volendo lodava Solonino figliuolo di Pollione, o secondo alcuni altri Marcello figliuolo adottivo d’Augusto, disse nella quarta egloga della sua Buccolica:

Magnus ab integro scelorum nascitur ordo;
Iam redit et virgo, redeunt saturnia regno,
Iam nova progenies caelo demittitur alto
)

predire ancora egli di Messer Cane suo figliolo, allora giovanetto, quelle virtuose qualitadi delle quali davano aspettazione l’indole, la effigie, e i buoni e onesti costumi suoi, come cosa la quale dovesse piacere ed essere molto grata al padre; onde mantenendosi nella metafora, e accomodando a tal cosa il vero nome d’esso suo figliuolo, il quale era M. Cane (chiamando noi i cani da caccia veltri) narra in questo luogo con brevi parole tutto quello ch’egli fa dipoi dire largamente, e senza alcuno velame, di lui medesimo nel Paradiso M. Cacciaguida; il quale da poi ch’egli ebbe dimostrato a Dante, suo nipote, lo onore ch’ei riceverebbe nel suo esilio da esso M. Bartolomeo, gli dice, parlandogli del sopradetto M. Cane suo figliuolo:

Con lui vedrai colui che impresso fue,
Nascendo, sì da questa stella forte,
Che notabili fien l'opere sue,

e quel che segue infino a ove dice:

... e disse cose
Incredibili a quei che fien1 presenti;


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  1. Cr. fia.