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aveva posto in quelle un lungo e diligentissimo studio, pareva che la giustizia ricercasse, ch’ei dovesse essere ancora aiutato ne’ suoi bisogni da lui, essendo cosa, non che ragionevole, quasi che dovuta, aiutare e favorire chi favorisce e ama ancora egli te. Dopo le quali parole Dante, constretto e commosso da la pietà di sè stesso per lo stato nel quale ei si trovava, e per dare ancor maggior forza e maggiore efficacia a’ preghi suoi, gittò fuori de gli occhi (come si cava da ’l testo) alquante lagrimette, accompagnando con esse le sue parole. Il che veggendo Virgilio gli rispose, che se ei voleva scampare da quel luogo selvaggio e deserto, gli bisognava tenere altra strada. Imperò che quella bestia, della quale ei temeva, era ancora di molto peggior natura e molto più pericolosa e più cruda che egli non pensava; onde sèguita il testo:

A te convien tenere altro viaggio,
        Rispose poi che lacrimar mi vide,
            Se vuoi campar d'esto loco silvaggio.
Chè questa bestia, per la qual tu gride,
           Non lasciò alcun passar per la sua via,
        Ma tanto lo impedisce, che l'uccide;

affermando l’avarizia essere un vizio tanto rio e tanto nocivo, ch’egli non lascia alcuno di quegli che la sèguitano, a chi ei non tolga la libertà e la ragione; onde ei divenga tale, che non operando in quel modo che si conviene alla natura sua, egli su possa dire che l’avarizia l’abbia morto; soggiugnendo quella esser di natura tanto malvagia e cattiva, ch’ella non solamente non sazia e non empie mai la sua avida e bramosa voglia, ma ella ha maggior fame, da poi ch’ella si è cibata, ch’ella non aveva prime, onde dice:

Ed ha natura sì malvagia e ria,
                 Che mai non empie la bramosa voglia,
                 E dopo il pasto ha più fame che pria;

dimostrando con tal metafora come, oltre a non si empier mai la voglia dello avaro, egli ha più sete, quando egli incomincia a avere qualcosa, ch’ei non aveva prima, quando ei non aveva cosa alcuna; e questo si vede manifestamente, consi-