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LEZIONE SETTIMA | 113 |
onorati nomi lo prega (per muoverlo a compassione di sè stesso, onde gli sia da lui aiuto) che quello amore, il quale lo ha fatto leggere con tanto studio l’opere e gli scritti suoi, gli vaglia e possa alquanto appresso di lui; e ch’egli solo è il suo maestro, e quello da chi egli ha apparato quello ch’egli sa (non significando altro questo nome maestro, che colui che insegna al discepolo), e il suo autore; la qual voce, secondo che la espone e dichiara Dante medesimo nel sesto capitol della terza parte del suo Convivio, ha due significati sì come ella deriva ancora similmente da due principii. Imperò che in quanto ella nasce da un verbo antichissimo, molto tralasciato da l’uso de’ grammatici, il quale significa legare parole, ella significa poeta, essendo quegli i poeti, che con la loro arte dell’armonia legano e acconciano bene le parole insieme. E in quanto ella discende da Authetin, verbo e parola greca, che significa degno di fede e d’obbedienza, ella significa uomo di tanta fede, ch’ei si debbe stare e credere a la sua autoritade; onde dice:
Vagliami il lungo studio e il grande amore, |
affermando ancora dipoi, che se egli aveva scritto cosa alcuna degna di lode, ciò era nato per avere imitate l’opere, e gli scritti di esso Virgilio, disponendo ed esprimendo i suoi concetti con l’ordine e con lo stile ch’egli aveva tolto da lui; avendo egli di già composta la Vita nuova, e tanti sonetti e canzoni, che la fama sua era assai bene divulgata e in pregio. E così espongo io questo luogo, senza avere a intendere il tempo preterito per il futuro, come fa il Boccaccio, il quale espone che mi ha fatto onore per mi farà, e senza averlo a scusare, come fa lo interprete moderno, il quale dice ch’ei parla così per quella figura che il Linacro, diligentissimo grammatico moderno, chiama enallage e scambiamento di tempi. Dopo le quali
- ↑ Cr. han.