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ingiù, ma a rovinare nel basso stato di coloro che hanno solamente intento lo animo a le cose del mondo, la divina bontà (che le bastava ch’egli avesse conosciuto la confusione e la miseria dello stato suo, e come egli non poteva uscir con le forze sue sole di quello) gli offerse innanzi agli occhi l’ombra di Virgilio, cioè il principio dello aiuto e del soccorso; acciò che raccomandandosi a quello, e chiamando sotto tale modo lo aiuto divino, colui il quale ha detto per bocca del Profeta nel salmo novantesimo, che ogni volta che ’l peccatore lo chiamerà egli lo esaudirà, sarà seco nelle tribulazioni e scamperallo e libererallo da quelle, potesse senza offesa di quella iustizia, la qual non si ritrova in lui punto minore della misericordia, mandargli tutti quei mezzi i quali eran necessarii a voler cavarlo di quello stato e condurlo a la sua salute; onde dice nel testo:

Mentre che io rovinava in basso loco,
Dinanzi a gli occhi mi si fu offerto
Chi per lungo silenzio parea fioco;

significando con questo modo di dire il tempo grande, che l’opere di esso Virgilio non eran state lette da nessuno, o veramente da pochissimi; conciosia cosa che da ch’e’ mancò la lingua latina, che fu nel tempo che passarono in Italia i Goti, i Vandali e Longobardi, in sino a’ tempi di Dante si avesse pochissima cognizione delle lettere latine. Al quale Virgilio, subito che Dante lo vide, chiese senza ch’egli lo avesse ancora conosciuto, misericordia; pregadolo ch’egli lo aiutasse, dicendo:

Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere di me, gridai a lui.

Dove egli usa questa voce latina miserere, per più bella, che abbia misericordia di me; o veramente perchè ella doveva essere in uso in quei tempi, e di ciò rende chiara testimonianza lo averla ancora usata il Petrarca, quando disse:

Miserere del mio non degno affanno.

E qui, perchè il verso che segue ha bisogno di non piccola considerazione, noi indulgeremo a esporlo nell’altra lezione, e faremo con vostra licenzia fine a questa.