testa, dimostrava niente di manco nella effigie e nel volto una bellezza tanto onesta, ch’ella generava più tosto nello animo di chi la ragguardava reverenza, che pensiero alcuno lascivo. E di queste quella prima, così riccamente vestita, lo invitava con dolci parole e con piacevolissime lusinghe a pigliar quella via piacevole e facile, dicendogli ch’ei troverebbe in quella tutti i piaceri e tutti i contenti, i quali ei potesse mai desiderare. E l’altra, povera e mal vestita, lo esortava con parole severissime e gravi a pigliar quell’altra, promettendogli che se bene ella gli parrebbe nel principio molto faticoa e difficile, ella lo condurrebbe finalmente in luogo dove egli, godendo il frutto di tali fatiche, non solo troverebbe il vero contento e dell’animo e del corpo, ma ei diventerebbe simile a gli Dii. Da le quali promesse infiammato Ercole lasciò quella via facile e piana, la quale era quella della malignità e del vizio, e prese quella ardua e difficile, la quale era quella della virtù. Laonde usava dire (soggiugne nel medesimo luogo questo Dottore) Esiodo, dottissimo poeta greco, che la via della virtù era molto ardua e difficile, quando altrui cominciava a camminar per quella, ma che da poi che l’uomo aveva superate e passate quelle prime difficoltà, sì trovava per quella tutti i diletti e tutti i contenti dell’animo. Non è adunque maraviglia, se volendo uscire il nostro Poeta della selva di quella confusione, da la quale nascono tutti i mali (conciosia che chi opera senza fine sèguiti il più delle volte gli appetiti sensitivi, onde cade in infiniti errori), e volendo pigliare, cominciando a salir per la piaggia deserta, la via della virtù, egli trovò tante difficoltà e tanti impedimenti. De’ quali ei fa menzione nel testo solamente di tre, per essere quegli i principali e i più potenti di tutti, e quegli dai quali nascono e hanno origine di poi tutti i mali e tutti gli altri vizii. E questi sono, lo appetito delle cose veneree, quello degli onori e quello delle ricchezze; passioni, le quali posson tanto ciascuna di loro negli uomini, ch’elle gli fanno molte volte perdere la ragione e diventare simili a le fiere; per il che furon figurate da quegli antichi poeti, i quali scrivevano le cose e fisiche e morali sotto favole e sotto poesie, per quelle tre Furie, figliuole della Notte e