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cioè quella notte ch’ei consumò, smarrito per la selva, con tanto duolo e con tanto aspro e duro lamento; chè così significa questa voce pièta con l’accento in su la e, come si vede poco di sotto, quando Lucia disse a Beatrice di lui:

Non odi tu la pièta del suo pianto?

Dopo la qual cosa, volendo egli narrare ancor meglio la disposizione nella quale egli si ritrovasse, egli usa una comparazione molto bella e molto atta e a proposito a manifestare il concetto suo, dicendo:

E come quel1, che con lena affannata
Uscito fuor del pelago a la riva,
Si volge, e l'acqua perigliosa guata;2
Così l'animo mio, che ancor fuggiva,
Si volse indietro a riguardar3 lo passo ...

Nella qual comparazione è primieramente da notare, che questa voce lena significa appresso di noi quel medesimo che fa appresso i latini respiratio, il che è quel tirare dentro di loro e dipoi rimandar fuori aria, che fanno continovamente gli animali che hanno i polmoni; la qual cosa noi diciamo volgarmente alitare, chiamando quella tale aria alito da alo, verbo il qual significa appresso i latini nutrire; conciosia che tale aria concorra di tal volta ch’ei si manca o per qualche accidente, o per vecchiezza naturale, la quale disecca tanto i polmoni, ch’ei non posson più fare tale opera di potere alitare, si manca ancor similmente di vivere. E fu data questa tal passione del respirare a gli animali che hanno i polmoni per refrigeramento del cuore, che non consumassi troppo presto col suo calore l’umido radicale; e però non posson vivere senza far tal cosa. E quegli che sono animali d’acqua che abbin polmone, come sono verbigrazia il Vecchio marino, le Testuggini acquatiche e la Rana, e secondo alcuni il Delfino, non possono star lungamente sotto l’acqua,

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  1. Cr. quei
  2. Cr. Si volge all'acqua perigliosa, e guata.
  3. Cr. a rimirar.