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LEZIONE QUINTA


Ma poi che io fui appiè1 d’un colle giunto,
     Là ove terminava quella valle,
     Che mi avea di paura il cor compunto.

Rari son certamente quegli uomini (se ei non è però già qualche stolto, o qualcun del numero di quegli efferati de’ quali scrive il Filosofo nella Etica, che hanno lasciatasi di maniera dominare la ragione da la parte loro sensitiva, che ei son peggio che bestie), che non caggin qualche volta, nel tempo della lor vita, in considerazione di quale abbia a essere il fine loro, e se ei debbono mancar del tutto, come gli altri animali, o pur sono eterni o tutti o parte di loro, e non sien tirati in tal pensamento or da una parte e ora da un’altra sopra di ciò in varie e diverse sentenzie, eccetto però chi ha fermo e quieto l’intelletto da il lume della fede. E infra quegli sono ancor dipoi rarissimi quegli che ossino interamente persuadersi di avere il medesimo fine che hanno gli altri animali; de’ quali e’ veggon tanti, e di tante diverse specie, lasciarsi o per forza o per industria di tal sorte maneggiare a gli uomini, ch’e’ son sforzati a confessare che la natura gli abbia più tosto fatti per comodo e servizio de l’uomo, che per cagion loro stessa. E tanto cognoscon più essere il vero questo gli uomini, quanto ei son di maggior giudizio, e di più acuto e sottile ingegno degli altri. Imperochè considerando eglino primieramente la nobiltà loro, in quanto a l’anima, si veg-

  1. Cr. al piè.