è da avvertire, per intender meglio questo luogo, che gli animali perfetti, e che son dotati di tutti a cinque i sensi, hanno secondo la dottrina d’Averroe e d’Alberto Magno, con i quali pare ancor che convenga S. Tommaso, oltre a la fantasia (la quale è uno de’ lor sensi interiori, che riceve e ritiene i simulacri e le immagini delle cose sentite dai sensi esteriori) una altra potenza medesimamente sensitiva, la quale giudica e discerne, in quelle, certe qualità non conosciute da senso alcuno particulare, come fanno verbigrazia, per usare i medesimi esempii che dànno eglino, gli uccelli nelle festuche di paglia o d’altro l’essere a proposito a fare i nidi, o la pecora nel lupo, ch’egli le è nimico, veggendolo ella solamente come colorato e di quella figura ch’egli è, nel qual modo solo egli s’imprime nella fantasia sua; ma quell’altra potenza, la quale noi abbiamo detto ch’ella ha, oltre a essa fantasia, è quella che giudica di poi in lui tal inimicizia. Ed è chiamata questa tal potenza da loro negli animali (per istimare ella così tali cose, solamente per istinto naturale) estimativa; e nell’uomo perchè ella è aiutata nel far tal giudizio dal discorso della ragione, cogitativa. E questa tal potenza, chiamata da questi filosofi cogitativa (e qui da Dante il pensiero, per essere il medesimo, nella lingua nostra, il pensare che il cogitare), rappresentandosi a lei, per operazion della fantasia, le qualità oscure e aspre di essa selva, era quella che la giudicava tale, ch’ei si generava nell’animo suo nuovo orrore e nuova paura; essendo, come sa ciascun di noi, costume degli uomini, ogni volta ch’ei torna loro a memoria qualche gran pericolo nel quale ei si sien già ritrovati, di averne in quei primi moti poco minor paura, che avanti ch’ei ne scampassero. Dopo le quali cose egli soggiugne, per descrivere ed esprimere ancor meglio le orribili e male qualità di essa selva, ch’ella era tanto amra, che la morte stessa è poco più amara di lei. Nelle quali parole si vede ch’egli teneva ancora egli in quello stato, come par che tenga il Filosofo, che la morte fusse una delle più amare e orribili cose, che possa accadere a l’uomo. E ciò è cosa naturale; imperocchè non avendo gli enti naturali cosa alcuna ch’ei desiderino e stimino più che l’essere,