Pagina:Letturecommediagelli.djvu/101


LEZIONE TERZA 61

gli occhi al cielo ricorse tacitamente in quella selva oscura a la bontà divina, fu mandato da quella, come noi vi mostreremo nello esporre di mano in mano il testo, per mezzo di Beatrice la cognizione delle scritture sacre, e il lume della fede; ei bisogna confessare di necessità, ch’ei non avesse bisogno e non gli mancasse altro, a indirizzarlo e condurlo alla sua salute, che essa fede, e che la selva nella quale ei si ritrovava fusse conseguentemente, come noi abbiamo detto, una confusione e una incertitudine della verità cristiana e del sommo bene. E perchè la bontà divina, come tengono i nostri teologi, è parata sempre a dare per sua salute questo lume della fede a chi si prepara a riceverlo, e dipoi gliene domanda o espressamente, come facevano gli Apostoli dicendo: Domine, da nobis fidem: auge nobis fidem; o tacitamente, come noi abbiamo detto che fece il Poeta nostro; gli fu mandato da essa pietà e bontà divina subitamente tal lume per mezzo di Beatrice e di Virgilio, in quel proprio modo che si legge ne’ fatti degli Apostoli, che fu ancora mandato per Filippo Apostolo, mosso dall’Angelo per parte di Dio, a quello Eunuco di Candace regina d’Etiopia, che andava a fare orazione nel tempio di Jerusalem, e per mezzo di Pietro Apostolo in Cesarea a Cornelio Centurione. E questa è l’opinion nostra sopra a questa visione o finzione di Dante; secondo la quale, per tener noi, per le ragioni dette di sopra, che questo sia il vero senso e quel che abbia voluto dire il Poeta, noi seguiteremo di esporre e dichiarare di mano in mano il testo; non lasciando però mai di raccontare tutte quelle opinioni degli altri, da le quali io giudicherò che si possa cavare utile o ammaestramento alcuno. E questo basti per la lezione d’oggi.