cordata all'Alceste in confronto delle altre opere sue postume pubblicate fino a questi giorni; e lontano dal riputare di essermi ingannato, oso tenermi certo, che lo stesso mio censore è del medesimo avviso. Ed infatti ammessa come incontrastabile la paternità d'Alfieri, e che sua veramente sia l'Alceste seconda, non si può resistere alla induzione che non solo il cuore, ma la mente stessa d'Alfieri avrebbe accordata la preferenza ad un lavoro originale in confronto delle traduzioni. Nè lasciò egli la sua Alceste fra la polve degli scartafacci, ma bensì fra suoi manoscritti, certo che sarebbe stata pubblicata; ed è però che il manoscritto era preceduto dal sonetto d’intitolazione alla sua diletta e rispettabile amica, e susseguito dal tante volte citato veramente poetico Schiarimento, che patentemente lo palesa autore della seconda Alceste. Ma chi avrebbe mai creduto che il mio censore, uomo di lettere certamente, desse fine al suo articolo con un epigramma appunto contro gli uomini di lettere? Perchè mai è meglio seco loro conformarsi nella mente che nel cuore? Perchè