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lettera terza 29


Nell’atto II. si vede Adméto che appena guarito racconta a suo padre meravigliato di vederlo in ottima salute, ch’egli ebbe a medico Apollo. Questo Dio m’apparve, dice, ed accostandomisi

                     Un’Alma panacea
Mirabile odorifera vitale
Alle mie nari ei sottopone appena,
E la benigna sua destra ad un tempo
Mi stende . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
E il mio guarir e il suo sparir son uno.

Non si direbbe che Apollo ebbe d’uopo di questo misero mezzo per rendere la vita ad Adméto, e che alla foggia de’ nostri zerbini e delle signorine soggette ai vapori, aveva seco una anguistara d’etere per risvegliare i sensi sopiti? Continuando Adméto la sua narrazione aggiugne che dopo la scomparsa del benefico Apollo, vide la spaventosa morte, che in atto di furore senza spiegarsi minacciò di renderlo infelice a segno da fargli abborrire l’esistenza. Sopraggiunge Alceste; essa è pallida e languente, poichè sen va a morire per il