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20 | lettera terza |
del vostro ragionamento per imputare ad Alfieri una vanità, un orgoglio, ed un amor proprio illimitato? La radice dell'amor proprio e dell'orgoglio non fu mai riposta nel cuore. Quest’organo; causa di tanti piaceri e di tante pene, si fa appena sentire, e quasi più non esiste pegli orgogliosi e pegli egoisti. E pertanto superfluo ch'io vi segua nelle conseguenze di un falso principio, per cui ci presentate Alfieri in questo caso piuttosto come un orgoglioso imbecille, che qual grande, il di cui genio ha brillato in faccia all'Europa, ed ha sparsi raggi di non mai estinguibile luce. Signor Guill. . . ., il nome d’Alfieri è un gran nome, un nome rispettato, e l'attaccarlo con delle supposizioni non è un'ingiuria, ma una cosa altamente ridicola. Che si direbbe di voi, se osaste pingere quasi fosse un imbecille il gran Cornelio?
E non sarebbe forse un tratto di vera imbecillità il timore, per cui supponete che Alfieri si astenesse dal pubblicar la sua Alceste? È egli possibile che lo schiarimento citato potesse indurre in errore il pubblico sul vero autore di quella tragedia? Alfieri dir