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70 lettere d’una viaggiatrice


siamo e rimarremo estranei, ma tutti questi ignoti, ma io, ignota a loro, abbiamo i medesimi bisogni dell’anima, gli occhi stanchi di tanti banali spettacoli, che ne desiderano uno che non somigli a nulla e che abbia in sè la solenne tranquillità delle cose che furono; le orecchie stanche di tutti i violenti rumori, di tutti i fracassi esasperanti e che invocano quest’assenza vellutata e molle di ogni chiasso, che invocano questo silenzio, appena tenuemente interrotto da canti lievi, lontani, da cinguettii incantevoli di un incantevole dialetto; la persona stanca di tutti i moti precipitosi e affannosi del treno, dei piroscafi, degli automobili, delle carrozze e che anela al moto leggiero e carezzante della gondola, sui neri cuscini freschi e profondi. E come tutti costoro, come tutti quelli che sono assisi, lontano, vicino, sulle verande, sui veroni, alle logge e alle loggette del Canal Grande, stranieri, italiani, come tutti quelli che passeggiano, tacitamente, sotto le stelle, nella piazza marmorea di San Marco, come tutti quelli che passano, innanzi ai nostri occhi, nelle gondole, la mia speranza come la loro spe-