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dans venise la rouge | 67 |
belle e più pure prodigalità del nostro spirito; dovere scontare la più sincera e più candida elevazion dell’anima: miseria, miseria di noi, che mai, mai possiamo essere più grandi della nostra misura, senza sentirci, dopo, diminuiti e indeboliti, fiacchi e perduti, per noi stessi e per gli altri. Così, ultimamente, la mia esistenza in un solo, esclusivo, profonde anelito, domandava un paese del mondo ove tutto fosse dolce ai sensi, ove tutto cullasse chetamente l’anima e le fibre, ove infine regnasse quel solenne ed efficace amico dello spirito, quell’amico il cui soffio guarisce, le cui mani guariscono, il Mirabile Amico, il Silenzio!
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Freschissima sera delle calende di giugno. Il palazzo Ferro apre la sua lunga e stretta veranda di marmo bianco, sul Canal Grande: e gli scalini di questa veranda si bagnano nelle acque oscure, ove le grandi lampade elettriche