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lettere d’una viaggiatrice |
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nell’ombra tacita di una stanza l’opera di vita, come tanti altri evocatori e creatori di idee e di figure, ultimamente, io conobbi, di nuovo, il delirio del nobilissimo sforzo, io ne conobbi l’assorbimento claustrale, la distrazione profonda, la febbre prima sottile e poi rovente, l’ansia quasi straziante: e divorai il tempo; e compii la fatica immensa, assai prima del giorno stabilito: e sentii, dopo, vuote le mie fibre, vuoto il mio cervello, vuota la mia vita. Ma, dal dì seguente, la misera e caduca compagine si vendicò della terribile disciplina di lavoro, impostale; ma tutto ciò che mi circondava, tutto quel che mi si diceva, tutti coloro che io vedeva, ogni cosa, ogni persona, ogni fatto, facevano stridere i miei nervi esausti, i quali mi abbattevano sino alla tetraggine, sino alla muta disperazione, mi esaltavano sino a una antipatia mortale, sino a una collera cieca e vana, sino a un odio vibrante dell’umanità. Miseria della nostra vita!
Dover subito, quasi fulmineamente, pagare lo scotto di tutte le ore brucianti, in cui ci slancia l’impeto acceso e precipitoso del nostro sangue; dover saldare doiorosamente il conto delle più