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56 lettere d’una viaggiatrice


un neofita ardente di questo culto, e solo allora ricevere il beneficio altissimo di una comunione, capace di dare una ebbrezza divina? Bisogna, forse, aver compreso Firenze, fin dalla giovinezza più fervida, averla compresa nei suoi poeti e nei suoi pittori varii, diversi, multanimi, averla misurata nei suoi grandi uomini politici, dal torvo e possente Girolamo Savonarola al terribile solitario di san Casciano Niccolò Macchiavelli, averla ammirata nella vastità del suo lavoro e delle sue ricchezze, nella saviezza e nella felicità delle sue leggi, ammirata, persino, nella sua durezza e nella crudeltà dei partiti trionfanti e furenti di trionfo contro l’altra parte vinta, bisogna averla amata, amata, sì, nelle memorie più floride, per la sua duplice bellezza che le venne da Dio e che le venne dagli uomini, cioè nelle opere imperiture e nella incantevole seduzione degli orti, dei giardini, dei parchi e delle campagne? Bisogna, forse, prima di giungere oltre le sue porte antiche, se non si nacque e si crebbe con un’anima antica, formarsela per uno sforzo della fantasia, per uno sforzo dell’intelletto, per una elevazione mira-