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lettere d’una viaggiatrice |
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la gente si ammassa, ove non respira, ove muore di caldo e ove maledice il suo destino, felice se può lasciare questa terza Roma, ove è venuta superbamente, per un paesello di Romagna o di Sicilia! Giammai, come in estate, nella Città Morta, si veggono le traccie di una crisi edilizia che ha mangiato milioni, che ha gittato a terra le fortune di tante grandi famiglie, e che ai profondi, incalcolabili danni economici, ha unito i danni estetici e igienici che non si possono misurare. Qaanto vi era di bello, di buono, di piacevole è stato distrutto, in Roma e quello che vi si è sostituito, fa ribrezzo agli occhi più barbari: e se i templi e le basiliche sono ancora in piedi, lo debbono alla misteriosa forza di resistenza, che hanno le pietre consacrate dai secoli.
Per rendere meno odiosa la vita estiva a coloro che non possono lasciar Roma, non si è fatto nulla, non si vuol far nulla, non si farà mai nulla: per renderla meno povera, in estate, per toglierle, anche superficialmente, il suo indelebile carattere di albergo chiuso, non si è creata una piccola industria, o cento piccole industrie, o una grande industria. Abbandonata, isolata,