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il sogno 475

salirà a Gressoney: la neve covre la più poetica valle alpina. Il piccioletto albergo di Issime, con la sua minuscola finestretta e la sua schiera di bimbi paffuti, che parlano tedesco, sarà fra la neve: e solo l’ampio tetto della chiesa d’Issime, prospiciente sulle facciata, potrà proteggere, contro la neve, l’ingenuo affresco del giudizio universale. Da Lillianes al Gaby, da Gressoney Saint Jean a Gressoney la Trinité, tutto sarà spento, taciturno, immobile, sotto la neve; ogni tanto, forse, la gonna rossa di una gressonese attraverserà quel bianco deserto; ma saranno mute e deserte le finestrette della cara Pension Delapierre, muta e deserta la veranda del villino Peccoz, dove la Regina Margherita passava tante tranquille e dolci ore, leggendo, lavorando, pensando. Nulla, nulla più, in quel soave Gressoney, salvo il biancore solitario del Lys, del fiume così infinitamente seducente, fra il biancore della neve che lo ricovre, dalla lontana Marienhorn alla vicina Testa Grigia, dal colle della Ranzola a quello di Valdobbia, dalla collinetta di Cilvrina alla collinetta di Tchatchelaz: e ciò che fu verde,